Lettera Pastorale per l’anno 2018/2019
L’Annunziata Maggiore: antica bottega del Vasaio.
Dal libro del profeta Geremia (18,1-6)
Questa parola fu rivolta a Geremia da parte del Signore: «Prendi e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola». Io sono sceso nella bottega del vasaio ed ecco, egli stava lavorando al tornio. Ora, se si guastava il vaso che egli stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli rifaceva con essa un altro vaso, come ai suoi occhi pareva giusto.
Allora mi fu rivolta la parola del Signore: «Forse non potrei agire con voi, casa di Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa di Israele.
Carissima Comunità,
pensando al tema che avrebbe potuto suggerire qualche linea guida per questo nuovo anno pastorale, l’attenzione si è fermata su questo brano tratto dal libro del profeta Geremia.
La bottega del vasaio è un luogo in cui l’abilità dell’artigiano, la sua creatività, la sua pazienza prende forma grazie alla malleabilità della creta. Non è difficile, con quell’antico ma sempre efficace “gioco dei ruoli, immedesimarci: noi nella creta, e Dio nell’artigiano che già da tempi immemorabili ha dato prova della sua maestria. La bottega? Eccola lì, la nostra Basilica, dove da sette secoli stanno prendendo forma le anfore più belle. Non è importante che siano semplici o elaborate, è la loro esistenza a fare la differenza. Il tempo comincia a lasciare il segno impietoso del suo passaggio (almeno strutturalmente), ma questo poco interessa al Vasaio. Quando si tratta dell’uomo, Lui non si scoraggia mai.
Nella sua bottega non bisogna impiegare male il tempo, anzi dobbiamo imparare sempre più a riconoscerne la preziosità.
Geremia ci ricorda le cose più importanti da fare.
“Prendi e scendi nella bottega del vasaio”, scegliere di entrare, di guardare, di immaginare quante persone nei secoli sotto lo sguardo materno di Maria, Regina di questa casa, hanno trovato conforto, consolazione. L’opera-segno che celebrerà questa ricorrenza (1318 – 2018) sarà l’installazione della controporta in legno e vetro. Un evento per il quale ci stiamo preparando perché davvero prossimo.
Da subito si potrà vedere la bellezza di questo luogo che paga lo scotto di affacciarsi su una zona resa non sempre gradevole da alcuni che la abitano e/o da chi passa lasciando la sua firma con lo sversamento incontrollato di rifiuti di ogni genere. Su questo dovremmo davvero lavorare tutti insieme, altrimenti per noi varrebbe il proverbio “è bella ma nun abballa”. L’Annunziata è uno dei tesori della nostra città e tocca a noi evidenziarne la preziosità.
La partecipazione considerevole per il raggiungimento della quota per la fabbricazione della porta è stata la prova di un’affezione che ci fa solo onore. Ancora tante saranno le manifestazioni che celebreranno questa ricorrenza, ma non deve mancare una iniziativa anche personale di noi che siamo assidui frequentatori di quella bottega. Ecco che ho chiesto espressamente alle catechiste e agli educatori dell’Oratorio S. Giuda Taddeo di prevedere nel corso dell’anno una visita guidata alla Ruota degli Esposti, monumento di altissima Carità, e di organizzare percorsi di catechesi partendo proprio dai vari ambienti che compongono la Real Santa Casa.
Insomma, sarà come una CACCIA al TESORO in casa propria, soprattutto perché questa casa è davvero grande.
“Là ti farò udire la mia parola”, dice Dio al profeta. Eh si, perché nella bottega del Vasaio “BISOGNA” fare anzitutto questo. La Parola resta, non si lascia intimidire dalle mode del tempo, è da sempre “social” al di là di ogni click, perché crea COMUNIONE in chi la sa accogliere con attenzione. Questo mi fa ricordare una cosa importante: è vero che il “giorno del Signore” (la domenica) va santificato, ma sapeste come è bello anche durante la settimana, al mattino o a sera, ritagliarsi questo spazio di incontro con Gesù nella celebrazione della Messa. Non parliamo di sacrificio, ma di recupero del bello, nella intimità di una chiesa che, per quanto grande, raccoglie in quel momento le ansie, i pentimenti, le soddisfazioni di un mondo intero, e, tutto questo, attraverso la mia preghiera. Sapeste quanto rigenera questa esperienza. Incontrare il Vasaio in settimana ci rende simili a Maria, la sorella di Lazzaro che pur dovendo, come Marta, fare tante cose, fu lodata da Gesù perché, postasi ai suoi piedi, si era scelta la parte migliore che non le sarebbe stata tolta.
“Ora, se si guastava il vaso che egli stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli rifaceva con essa un altro vaso, come ai suoi occhi pareva giusto”. La possibilità di crepe nella lavorazione del Vasaio ci rimanda ad un’esperienza sempre difficile, quella del dolore, della sofferenza. Il nostro cammino non mancherà di ispirarsi alla lettera del Vescovo “Visitare gli infermi”. Ce ne sono tanti nella nostra comunità. Non sempre li conosciamo, e sapere solo che ci sono non basta più. Si parla tanto di “rete” oggi, parliamo di “relazioni”, perché questo ri-crea una speranza nuova in chi vive il momento forse più difficile della sua vita. In un ipotetico investimento nella “banca del tempo”, proviamo a metterci del nostro, con quella presenza, lì dove è ovviamente gradita, che ridarà luce anche alla nostra vita. Come fossimo “volontari del sorriso”, potremmo portare un poco di distensione in situazioni che quotidianamente si presentano difficili.
La malattia non è solo clinica, c’è anche una situazione di scompenso interiore, quelle malattie del cuore che rimandano a quelle crepe che a volte potrebbero infierire su un vaso creato bello. Allora, cosa fa il Vasaio? Ci rigenera, fa crescere in noi la fiducia di poter recuperare la bellezza perduta. Ma, per essere curata bene, una malattia deve essere debitamente diagnosticata per arrivare alle cure adatte. Dare il nome alle proprie “crepe”. Qualche suggerimento: la malattia della faccia funerea, dell’accumulare, dell’indifferenza verso gli altri, delle chiacchiere, dei mormorii e dei pettegolezzi, dell’alzheimer spirituale, dell’impietrimento mentale e spirituale, superiorità, inciviltà e tante, tantissime altre.
Questo percorso che vi propongo di fare rimanda ad un esame di coscienza che davvero ci farà sentire “rinati” ogni qual volta approderemo con esso alla “riconciliazione”. E’ quello il momento esatto in cui le mani del Vasaio ri-modellano, sempre a sua immagine e somiglianza, così come abbiamo cominciato con il battesimo. Non dimenticate di festeggiare la data di questo giorno.
E’ uno dei grandi suggerimenti di Papa Francesco, che mi ha dato la consapevolezza di essere anch’io un’opera niente male (per questo benedico il 31 gennaio e con esso chi volle che quel giorno fosse memorabile). Accostiamoci di più alla confessione. Da troppo tempo, anche le solennità da sempre più care (Natale e Pasqua) non sono preparate da questo appuntamento. I modi e i tempi possono essere davvero tanti, ma il punto fondamentale è un altro: ci credo ancora a questo sacramento? Crepa dopo crepa potremmo anche ”romperci”definitivamente, e allora non basterà dire che “siamo usciti da quella bottega”.
“Andare a trovare l’ammalato è andare a trovare la propria malattia, quella che noi abbiamo dentro. E’ avere il coraggio di dire a se stesso: “anche io ho qualche malattia nel cuore, nell’anima, nello spirito, anche io sono un ammalato spirituale”, con queste parole Papa Francesco nella Chiesa del Gesù Nuovo si rivolse agli ammalati e agli operatori del mondo sanitario il 21 marzo del 2015, durante la sua visita pastorale nella nostra città.
Ed eccoci, con questa citazione, catapultati al testimonial di quest’anno. Sarà un uomo a cui vogliamo molto bene: S. Giuseppe Moscati, il medico santo, l’uomo di preghiera, di solidarietà, di scienza al quale ricorriamo nelle necessità di salute nostre e dei nostri cari. Lo incontreremo più volte nelle riflessioni, nelle preghiere, come anche proprio nella chiesa del Gesù Nuovo, dove ci recheremo pellegrini anche in occasione dell’anniversario della nascita di S. Luigi Gonzaga (1568 – 2018), ricevendo il dono dalla indulgenza plenaria. Agli operatori pastorali (catechisti ed educatori) ho chiesto di portare anche lì i bambini e i ragazzi che sono affidati alla nostra guida. Pregare sulla tomba di S. Giuseppe Moscati, come vedere ciò che è appartenuto a lui, ci ricorda che la santità non è cosa di altri tempi, o di supereroi. Tutto sta nel capire come fare per lasciare che ad ispirare la nostra vita sia il Vangelo e non il post di turno scovato sui social, o la soap che impegna il mio tempo per un meritato momento di distensione.
- Giuseppe Moscati ci illumini il cammino per una più perfetta conoscenza di Gesù.
Preghiera a S. Giuseppe Moscati
O San Giuseppe Moscati, medico e scienziato insigne, che nell’esercizio della professione curavi il corpo e lo spirito dei tuoi pazienti, guarda anche noi che ora ricorriamo con fede alla tua intercessione.
Donaci sanità fisica e spirituale, intercedendo per noi presso il Signore.
Allevia le pene di chi soffre, dai conforto ai malati, consolazione agli afflitti, speranza agli sfiduciati.
I giovani trovino in te un modello, i lavoratori un esempio, gli anziani un conforto, i moribondi la speranza del premio eterno. Sii per tutti noi guida sicura di laboriosità,
onestà e carità, affinché adempiamo cristianamente i nostri doveri, e diamo gloria a Dio nostro Padre.
Amen.